Storia della RV 125

Non è possibile attribuire il giusto valore alla Gilera RV 125 senza calarsi per un attimo nel periodo in cui è arrivata sul mercato. Agli inizi degli anni 80, superata l’euforia per le moto da cross di fine anni 70, i sedicenni hanno cominciato a desiderare sempre di più le moto stradali, al massimo le enduro, cioè fuoristrada meno estreme. Lo testimoniano i numeri: nel 1984, le prime sette moto più vendute sono enduro. Ma messe da parte le ruote artigliate e gli sterrati, i sogni degli adolescenti si sono riempiti sempre più di strade asfaltate intrise di curve, piste, grandi pieghe e velocità. La 125 che ha sancito il divorzio dal fuoristrada è stata la costosa Laverda LZ/Zundapp KS, ma i numeri più sostanziosi di vendita li faceva la più economica Cagiva SST, la cui unica vera concorrente era la Honda CBX 125 a quattro tempi. Queste tre moto, piano piano, hanno iniziato a spostare gli interessi dei sedicenni dalle enduro alle stradali.

ARCHIVIO STORICO PIAGGIO PONTEDERA
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La Laverda LZ/Zundapp KS era un’elegante motocicletta raffreddata ad acqua (a termosifone senza pompa), ma dall’architettura molto tradizionale, con due ammortizzatori al retrotreno, un motore ad aspirazione comandata dal pistone, un cambio a 5 marce che era un disastro e l’alimentazione a miscela da farsi da soli a ogni rifornimento. La Cagiva SST, invece, dal frizzante aspetto a stelle e strisce che scimmiottava le custom, diventò un successo, ma non poteva competere con le prestazioni della LZ/KS.

Certo, aveva dalla sua una migliore affidabilità, un prezzo più contenuto e meno pretese in quanto a manutenzione. Tecnicamente, però, era davvero povera: motore raffreddato ad aria da 14 cavalli scarsi, niente sospensioni sofisticate. In altre parole, l’evoluzione del modello che era in produzione sin dal 1975. Più di nicchia la Honda CBX, una moto piccolina, affidabile, con motore a quattro tempi molto parco, ma snobbato dai ragazzi perché incapace di andare forte e, soprattutto, privo di quell’acuto del due tempi che solo chi li ha guidati può capire.

La prima moto davvero di rottura rispetto al passato è l’Aprilia ST 125 del 1983. Elegante come un levriero, turba i sogni dei sedicenni con il suo motore Hiro di derivazione crossistica, nero e attillato, raffreddato ad acqua e con ammissione lamellare. La pulizia della linea è esaltata dalla sospensione posteriore monoammortizzatore (purtroppo non regolabile). Manca ancora il miscelatore e la strumentazione e i comandi (Magura) hanno un aspetto un po’ dozzinale. Su strada si guida bene ed è sicura: peccato che l’impianto elettrico non sia sempre affidabile e le ruote da 18”, di sezione piccola, la penalizzino un po’.

ARCHIVIO STORICO PIAGGIO PONTEDERA nimate Gilera RV 2
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Ecco, tolte le moto artigianali (HRD, Aspes e simili) e quelle che facevano piccoli numeri (Malanca OB One, Fantic Strada eccetera) le 125 che andavano per la maggiore erano queste. Adesso potete ben capire perché, quando nel dicembre del 1983 la Gilera RV 125 fu svelata al Salone di Milano, ebbe sul pubblico un impatto tale da sembrare un ufo sbarcato sulla terra.

Nessuna 125, nemmeno giapponese, poteva essere paragonata alla RV per linea, tecnica, affidabilità, rifiniture e prestazioni. Nessuna aveva tutto ciò e tutto insieme.

La RV (e la sorella enduro RX) è stata per la storia della Gilera un punto di svolta, non solo stilistico, ma anche sul piano industriale. Non ne siete convinti? Scendiamo allora nel dettaglio e parliamo di fatti.

ARCHIVIO STORICO PIAGGIO PONTEDERA
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Linea. Solo un cieco non si accorge che l’estetica della Gilera RV è ispirata a quella della Honda VF400. E infatti i detrattori hanno sempre accusato la moto di Arcore di essere la caricatura della moto giapponese. Non è però facile prendere i concetti stilistici di una media cilindrata (la Honda) e adattarli a una 125 (la Gilera) con impostazioni e proporzioni diverse. Ebbene, pur se la linea non è del tutto originale, nessuno può negare che la RV non sia una moto bella, stilisticamente riuscita, che riesce a coniugare eleganza e sportività con un appeal senza pari. Il cupolino affilato si allarga quasi a voler proteggere le mani del pilota. Il serbatoio trapezoidale si raccorda alla perfezione con le fiancatine e il puntale inferiore. (Non dimenticare di leggere anche: RV 125-I files segreti)

Nella livrea della presentazione, bianca con gli adesivi rossi e la sella nera, fa subito capire di essere una moto matura, che diventa più sportiva quando nelle concessionarie arrivano gli esemplari con la sella rossa, i più diffusi. A favore del capolavoro di Arcore ci sono anche le dimensioni: la Gilera è una moto grande per essere una 125, più vicina a una 250/350, cosa questa che contribuisce non poco ad armonizzarne le proporzioni. Le stesse Honda NS e Gilera KZ/KK, arrivate in seguito, sono più piccole della RV. L’abitabilità si rivelerà uno dei punti di forza della moto, con i sedicenni sempre più corpulenti e sempre più desiderosi di portare un passeggero.

ARCHIVIO STORICO PIAGGIO PONTEDERA
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Tecnica. La Gilera RV 125 nasce intorno a un prodigioso motore a due tempi, opera di uno straordinario staff di tecnici capitanati dell’ingegner Lucio Masut. Raffreddato ad acqua con termostato e pompa di circolazione, ammissione lamellare, miscelatore per l’olio e contralbero di equilibratura comandato da ingranaggi. Quest’ultimo, come suggerito dall’ingegner Masut, era presente sul motore della Yamaha RD 125 LC (non importata in Italia), che era il motore di riferimento. Il cambio è a 6 marce e, come sulle moto da cross più evolute, si può mettere in moto con la marcia inserita, tirando la frizione. A noi oggi sembra scontato, ma allora poche moto lo permettevano senza mettere a folle.

A proposito: la RV è la prima 125 stradale italiana a proporre il motorino di avviamento (la RX era già sul mercato), una sciccheria che diventerà un must per i sedicenni. Forte di una ventina di cavalli, il motore, più che per le punte velocistiche, si distingue per la coppia e la regolarità di funzionamento. Le contemporanee erano decisamente più scorbutiche. Passando alla ciclistica, il telaio è composto da uno scatolato che abbraccia il cannotto di sterzo e al quale è saldata una doppia culla di acciaio in tubi tondi. Questa struttura mista si rivela più idonea delle altre “solo tubi” ed è alla base della leggendaria stabilità della RV (vedi paragrafo sulle prestazioni). A fare da contorno al telaio c’è davanti una forcella Marzocchi con steli da 32 mm e regolabile nel precarico idraulico in compressione, un sistema impropriamente detto “antidive”. Un ponticello di alluminio, poi, provvede a collegare i due foderi incrementando ulteriormente la rigidità.

Posteriormente un’altra chicca: la sospensione monoammortizzatore Monodrive servita da un’unità, sempre Marzocchi, regolabile nel precarico della molla. La sospensione è molto efficiente ed è un piccolo capolavoro di meccanica, se solo si pensa al numero degli snodi e dei cuscinetti ad aghi presenti: un lusso che non sarà più concesso, per motivi di costi, a nessun’altra Gilera. Rispetto agli altri schemi dell’epoca, ha il vantaggio di concentrare le forze in una zona del telaio più rigida, con grandi benefici nella precisione di funzionamento. Un po’ per seguire la moda, un po’ per stupire, sulla RV troviamo una ruota anteriore da 16” con pneumatico (Pirelli MT15 Mandrake) di grossa sezione, mentre dietro c’è una più tradizionale ruota da 18”. Il disco anteriore è da 260 mm, servito da una pinza a doppio pistoncino contrapposto e il tamburo posteriore da 160, tutto materiale Grimeca. Lo ribadiamo: dalla presentazione (1983) e fino all’arrivo della Honda NS (1985), nessun’altra moto al mondo poteva vantare il corredo tecnico della Gilera RV.

ARCHIVIO STORICO PIAGGIO PONTEDERA
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Affidabilità. Che una nuova era fosse iniziata, la Gilera RV lo faceva capire anche in altro aspetto spesso trascurato dalla produzione dell’epoca: l’affidabilità. La motoleggera di Arcore non ha difetti congeniti. Il motore ha un imbiellaggio robusto, che sopporta anche aumenti di cilindrata (come vedremo ne faranno una versione da 200 cc), elaborazioni e fuorigiri da sbiellare qualunque altro motore. Il miscelatore separato scongiura le carenze di lubrificazione, ma è capitato pure che motori girassero per un po’ senza olio senza riportare danni.

Anche l’impianto elettrico e gli strumenti di bordo non hanno mai sollevato critiche, pur in presenza della complicazione del motorino di avviamento. Le sevizie inflitte dai giovani piloti in erba degli anni 80 non sono riuscite, che si trattasse del cambio, di telaio o altro, a evidenziare alcuna carenza. La RV, dunque, è davvero una moto perfetta? No, ci mancherebbe: anche il best seller di Arcore ha le sue pecche. Uno dei difetti ricorrenti era la perdita (ma sarebbe meglio chiamarla trasudazione) di olio dal pomello di plastica che serve per regolare l’Antidive: trent’anni fa gli oring non erano così affidabili come oggi.

Altra pecca era il ridotto spazio che esisteva tra il bordo del serbatoio del freno anteriore e il cupolino: in alcune occasioni bastava l’oscillazione di quest’ultimo sullo sconnesso a farlo sbattere con il rischio di rompere la plastica. Nelle cronache dell’epoca si segnalano pure alcune rotture dei ganci della sella, perdite di olio dal collettore dello scarico, fessure e crepe in alcune parti della carrozzeria (cupolino, puntale e parafango posteriore) e la debolezza delle boccole del cavalletto, che con l’usura facevano abbassare la moto quando la si parcheggiava.

Alcuni errevuisti, poi, hanno subito la rottura della parte posteriore del telaio dopo il montaggio di un portapacchi. Deboluccia, pure, la leva del cambio, che prende facilmente gioco. Nulla se paragonato ai problemi che avevano le altre 125 dell’epoca: che ci risulti, le Gilera RV 125 si fermavano solo quando finiva la benzina.

Rifiniture. La RV 125 è la capostipite del nuovo corso industriale inaugurato dalla Gilera (ormai una propaggine Piaggio a tutti gli effetti) a partire dagli anni 80. Non dobbiamo dimenticare che è la moto che va a sostituire la serie TG1 e derivate, dall’architettura decisamente obsoleta. Come prodotto industriale di grande serie, la RV è eccellente sotto tutti gli aspetti. Lo si intuisce analizzando nel profondo il modo com’è fatta.

Per esempio, il massiccio uso di viti con testa a brugola zincate, le verniciature della meccanica fatte a polvere e l’uso senza parsimonia di tamponcini e gommini rivelano la cura con cui è stata industrializzata. Pensate, poi, all’uso delle gabbiette con dado per le viti delle fiancatine o all’utilizzo di tubi stampati su misura per l’impianto di raffreddamento, due particolari da moto giapponese.

Oppure ai parapolvere che proteggono i numerosi snodi della sospensione Monodrive. Ma qui siamo sotto pelle, a un livello che il normale appassionato non percepisce. Ciò che invece le persone normali notano inforcando la RV sono la sontuosa strumentazione, che nemmeno le maxi moto avevano, e gli incredibili comandi elettrici CEV con illuminazione, una chicca che ha solo la RV. E che dire della chiave esagonale di plastica pieghevole? La cura con cui è assemblata la moto è uno dei segreti della sua affidabilità. Chi ha avuto modo di smontare e rimontarne una sa bene che tutte le parti si assemblano come un puzzle ognuna sempre al proprio posto. A differenza di altre moto dell’epoca, smanettarci sopra non comporta aumenti dei giochi e delle tolleranze: insomma, anche in questo era davvero una 125 a prova di sedicenne. Belle le plastiche, soprattutto quelle nere della strumentazione.

Criticabile, per certi versi, l’uso dei polimeri termoindurenti per la carrozzeria. Il policarbonato invecchia in fretta e infatti le RV bianche hanno la tendenza a diventare gialle e fragili. Certo, industrialmente parlando, è stata una furbata: sfruttando il bianco naturale, non era necessario verniciare la carrozzeria, lasciando la stesura della tinta al solo serbatoio. E forse è stato per questo motivo che non è stato dato uno strato di trasparente su tutta la moto, per coprire gli adesivi. Il risultato, comunque, è tutt’altro che disprezzabile. La RV è stata prodotta in bianco con adesivi rossi, rosso con adesivi argento, nero con adesivi argento e rosso/nero con adesivi rosso/grigi. La sella può essere nera o rossa, mentre la seconda serie ha una sella più squadrata a due piani rossa.

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moto di Fabio

Prestazioni. Laddove le concorrenti, in velocità, si torcevano e flettevano a causa di un telaio inadeguato, la piccola di Arcore stava piantata per terra a seguire la linea impostata. Non lo diciamo soltanto noi, che ce l’abbiamo oggi e l’abbiamo avuta a 16 anni, ma anche tutti i tester (nessuno escluso) delle riviste dell’epoca, italiane e straniere.

La Gilera RV 125 è una moto stabile e sicura, con un reparto sospensioni di prim’ordine e, non da ultimo, un impianto freni molto potente. Con 138 kg di peso e 20 cavalli scarsi, fila via a 130 km/h effettivi e, in accelerazione, si mette dietro tutte le altre 125 di grande serie dell’epoca. Il motore, da buon lamellare di ispirazione crossistica, mura a 8000 giri e siccome la vera entrata in coppia è intorno ai 6000 giri, bisogna lavorare di cambio e frizione nelle tirate più assassine. È una moto ancora oggi bella da guidare, con il motore pastoso e dalla coppia generosa, capace di portarti a spasso anche con un filo di gas. Piegando a destra si arriva a strisciare la pancia dello scarico senza troppi complimenti e solo i più pesanti possono aver bisogno di un precarico maggiore del mono e della forcella.

Le doti stradali della RV hanno un valore ancora maggiore se si considera che la sua rivale per eccellenza, la Honda NS 125, uscita un anno dopo, incuteva un certo timore quando la si lanciava in velocità perché l’avantreno non trasmetteva le rassicuranti sensazioni della RV. Questa grande stabilità si pagava con una minore maneggevolezza, ma per fortuna c’era la ruota da 16” a metterci una pezza. Per finire una curiosità: i retrovisori della RV, i Vitaloni, sono abbastanza grandi e sono fissati ai comandi del manubrio. La dimensione e la posizione comportano un certo carico aerodinamico e una perdita di poco meno di 8 km/h. Inoltre le RV che montavano solo lo specchio di sinistra (il minimo di legge nel 1984) soffrivano si shimming all’avantreno, dovuto, appunto, alla forza dell’aria.

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moto di Fabio
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Gilera RV 125 scheda tecnica_Gilera 181_1009
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